






Luce poetica tra storia e formazione
Il villino Cavalsassi è un esempio di eclettismo liberty realizzato negli anni ‘10 del secolo scorso nel Quartiere Nomentano a Roma, un elegante palazzetto di due piani fuori terra con facciate dai decori classicheggianti e motivi floreali.
Qui ha sede la Fondazione Cavalsassi, per la quale il Lighting Designer Marco Ferrelli ha progettato la nuova illuminazione delle facciate.
Luce poetica tra storia e formazione
Il villino Cavalsassi è un esempio di eclettismo liberty realizzato negli anni ‘10 del secolo scorso nel Quartiere Nomentano a Roma, un elegante palazzetto di due piani fuori terra con facciate dai decori classicheggianti e motivi floreali. Qui ha sede la Fondazione Cavalsassi, per la quale il Lighting Designer Marco Ferrelli ha progettato la nuova illuminazione delle facciate.
Davide Cattaneo: Come ti sei confrontato con i caratteri identitari di un edificio così particolare quali erano gli obiettivi fondamentali del progetto illuminotecnico?
Marco Ferrelli: Il contesto è particolare, risuona degli echi di uno stile di vita passato, raffinato e orientato all’estetica e al gusto per le cose belle. Quando sono stato incaricato di progettare la luce per le facciate esterne in occasione dell’intervento per il loro restauro, mi sono subito reso conto di avere a che fare con un tema delicato, non solo per il vincolo di interesse storico-artistico posto sull’edificio, ma anche per la destinazione d’uso attuale e per il valore simbolico che gli “utenti” di oggi attribuiscono a questo villino. Trovai presto il consenso della Committenza quando proposi un’idea di luce non monumentale, ma “poetica”.
D.C: Nella realizzazione dell’impianto la scelta è ricaduta su corpi illuminanti discreti che dessero la possibilità di dar vita a più scenari. Perché hai ricercato questa flessibilità e quali situazioni ti ha permesso di creare?
M.F: La discrezione dei corpi illuminanti, oltreché in linea con l’idea di intervenire delicatamente e in maniera rispettosa del contesto, era d’obbligo, per ottenere il nulla osta della Soprintendenza all’Archeologia e Belle Arti del MIBACT. Tutti i corpi applicati alla facciata sono miniaturizzati, in modo da poter essere incassati facilmente sui davanzali (i Centro Mini di Quick Lighting) o arretrati rispetto al filo della facciata per non essere visibili dall’esterno e dalla strada, come nel caso del coronamento in copertura, dove ho usato le Ondaled, barre luminose dello spessore di 1 cm adatte a essere esposte alle intemperie, perché il led è “affogato” in un sottile strato di resina poliuretanica che le rende impermeabili e stagne. Unica eccezione sono i piccoli proiettori posti sulle entrate del piano terra e ai lati delle due porte finestra del prospetto est, i Rocchetto P. ulteriormente mimetizzati da una verniciatura personalizzata che riproduce il colore della facciata.
La scelta di gestire la luce di facciata con degli scenari dinamici, attraverso un sistema di segnale DMX, è stata dettata dall’esigenza di utilizzare lo spazio esterno della scuola in maniera diversa nel tempo. A volte nel giardino si svolgono eventi serali o rappresentazioni teatrali e la facciata può diventare un vero e proprio fondale di scena, opportunamente illuminato.
D.C: Quali sono state le soluzioni adottate per poter mettere in evidenza i caratteri architettonici delle facciate?
M.F: L’idea di base è stata quella di ribaltare il paradigma che solitamente si usa per l’illuminazione delle facciate che presentano elementi architettonici classici o del passato. Si è deciso infatti di illuminare i vuoti, i vani e gli imbotti delle finestre, e in maniera asimmetrica, perché i Centro Mini sono incassati lateralmente sul davanzale, vicino a uno dei due imbotti verticali delle finestre. La facciata, tramite cicli automatici di accensione, si illumina per lo più la sera e la notte, quando l’attività didattica è finita e le finestre sono chiuse. Illuminare i vuoti architettonici delle finestre anziché i pieni ci permette di dare vita alla facciata come se l’edificio fosse in qualche modo vivo anche durante l’orario di chiusura della scuola.
D.C: Nello sviluppo del progetto quale supporto hai avuto da Quick Lighting? Quanto è importante instaurare un rapporto costruttivo e costante tra lighting designer e partner illuminotecnico?
M.F: Un supporto importante e prezioso. L’intero progetto si articola su tre sole tipologie di corpi illuminanti, ed è quindi apparentemente molto semplice. Ma in realtà il modo in cui sono declinate queste tre tipologie in più varianti, personalizzazioni e adattamenti alle esigenze specifiche del progetto ha reso il tutto abbastanza complesso. La collaborazione con un’azienda che abbia le competenze e la voglia di risolvere i problemi nel momento in cui si presentano è fondamentale.
La luce invita all'opera
Il progetto di allestimento della mostra “Nuove Cantine Italiane” a cura dello Studio Bricolo Falsarella reinterpreta i temi della progettazione degli spazi espositivi e delle strutture temporanee all’interno delle quali grande importanza riveste la luce.
Una luce integrata, discreta ma funzionale, che invita alla lettura delle opere, una luce che è parte integrante di ogni progetto espositivo.

La luce invita all’opera
Il progetto di allestimento della mostra “Nuove Cantine Italiane” a cura dello Studio Bricolo Falsarella reinterpreta i temi della progettazione degli spazi espositivi e delle strutture temporanee all’interno delle quali grande importanza riveste la luce. Una luce integrata, discreta ma funzionale, che invita alla lettura delle opere, una luce che è parte integrante di ogni progetto espositivo.
Davide Cattaneo: Qual’è il concept dell’allestimento della mostra e come lo avete sviluppato a Verona?
Filippo Bricolo: Siamo partiti da una condizione, quella di realizzare un allestimento modulare e flessibile per una esposizione itinerante che dopo Palazzo Balladoro si sposterà in altre sedi del nostro straordinario territorio. Avevamo perciò bisogno di un progetto espositivo forte ma che potesse essere declinato in configurazioni diverse per adattarsi a caratteristiche architettoniche, dimensionali e di stile diverse. Abbiamo perciò progettato questo cavalletto a “Y” in legno che sorregge le tavole della mostra con le foto e la descrizione dei progetti delle cantine. I cavalletti accoppiati e disposti in sequenza danno origine a una spina unica, una linea continua che “misura” uno spazio ricco di dettagli ed elementi decorativi.
D.C: Quali sono state le scelte per illuminare i pannelli della mostra?
F.B: Volevamo una luce di qualità che ci permettesse di leggere al meglio le tavole disposte in maniera inclinata verso l’osservatore, sia verso l’alto che verso il basso. Non era una sfida semplice ma grazia a Quick Lighting abbiamo studiato un corpo illuminante a LED perfettamente integrato nella sommità dei cavalletti che proietta luce verso il basso illuminando perfettamente le superfici inclinate. La qualità del diffusore sviluppato dall’azienda ha permesso di non perdere la minima componente di illuminazione, distribuendola perfettamente su tutta l’area di interesse sottostante.
D.C: Quali sono più in generale i temi sui quali lavorate maggiormente per progettare uno spazio espositivi?
F.B: Vengo dalla scuola di Carlo Scarpa e ho potuto portare avanti esperienze straordinarie come l’intervento sull’Ala Est del Museo di Castelvecchio. Eredito dal maestro l’attenzione per i dettagli e i materiali ma soprattutto la convinzione che ogni opera abbia bisogno di un progetto di allestimento dedicato che permetta di valorizzarla al meglio. Non regole generali quindi ma un approccio che si basa sulla conoscenza dell’opera e sulla volontà di costruire un racconto attorno ad essa che si traduce in uno spazio dedicato. In questo senso la luce risulta essere strumento progettuale indispensabile per creare un’atmosfera di coinvolgimento dell’osservatore.
D.C: Nei vostri progetti avete sempre cercato un equilibrio fra luce naturale e luce artificiale, quali sono le linee guida per perseguirlo?
F.B: Ritengo che per troppi anni la luce naturale sia stata completamente dimenticata, soppiantata dalla progettazione di luce artificiale, spesso purtroppo di bassa qualità e invece di grande quantità. Cerchiamo sempre nei nostri progetti l’equilibrio tra le due tipologie, lasciando magari alla luce naturale un ruolo evocativo e una direzione zenitale, mentre alla luce artificiale è affidato il compito di illuminare pareti e superfici e di enfatizzare alcuni dettagli o elementi significativi. Fondamentale risulta poi essere la scelta della giusta temperatura di luce attraverso il quale creare un’atmosfera accogliente, invitante e coinvolgente.